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Applicabilità dell’art. 614 bis c.p.c. anche alle procedure per consegna e rilascio.

In tema di penalità di mora, la formulazione dell’art. 614 bis (“Con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro …”) non preclude la possibilità di applicazione alle procedure di rilascio, posto che la norma fa un generico riferimento a tutte le ipotesi di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento e che l’art. 614 bis c.p.c. è inserito, nell’impianto codicistico, in un titolo autonomo, non riferendosi specificamente all’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare.

ordinanza 614 bis

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Le società incaricate del recupero di crediti cartolarizzati non devono essere necessariamente iscritte nell’albo degli intermediari finanziari.

Nell’ambito delle attività di recupero dei crediti cartolarizzati, non occorre che la società che ha ricevuto dalla cessionaria il mandato per il materiale recupero del credito (servicer) sia iscritta all’albo degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 T.U.B. Difatti, l’art. 2 comma 6 legge n. 130 del 1999, secondo cui il servizio di riscossione dei crediti ceduti nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione può essere svolto da banche o da intermediari finanziari iscritti nell’apposito albo, non costituisce una norma (civilistica) imperativa, la cui violazione darebbe luogo a nullità virtuale del mandato conferito per il recupero del credito e dei successivi atti esecutivi posti in essere dal mandatario, ma attiene alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica trova specifica tutela nel sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all’autorità di vigilanza (cioè, alla Banca d’Italia), presidiati anche da norme penali.

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Titolo esecutivo e interessi legali: la parola alle Sezioni Unite.

Se il titolo esecutivo giudiziale – nella sua portata precettiva individuata sulla base del dispositivo e della motivazione – dispone il pagamento di “interessi legali”, senza alcuna specificazione e in mancanza di uno specifico accertamento del giudice della cognizione sulla spettanza di interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda giudiziale, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (ex art. 1284, comma 4, c.c.), la misura degli interessi maturati dopo la domanda corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c., stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo.

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Causa cavendi e causa solvendi del pagamento da parte dell’assicurazione dell’indennità per l’incendio del bene ipotecato.

In caso di contratto di mutuo ipotecario cui sia collegata l’assicurazione per il rischio incendi degli immobili ipotecati finalizzata a indennizzare l’eventuale perdita di valore della garanzia reale, la riscossione del pagamento da parte dell’istituto mutuante, in seguito al verificarsi del rischio, comporterà anche la riduzione della complessiva esposizione debitoria del mutuatario, in quanto diversamente opinando quel pagamento non avrebbe un’idonea giustificazione causale ai sensi dell’art. 2033 c.c., portando a un’indebita locupletazione nel caso in cui poi il bene venga venduto all’asta. Ciò a meno che la meritevolezza dello schema contrattuale non preveda, in caso di riscossione dell’indennità, la corrispettiva riduzione ipotecaria.

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Il termine per l’attuazione dell’ordine di liberazione non è prorogabile.

Il termine di 120 giorni per il rilascio dell’immobile (di cui all’art. 560 c.p.c. nella formulazione introdotta dall’art. 18 quater co. 1 d.l. 30.12.2019 n. 162, conv. in l. 8/2020), comprimendo il diritto di godimento del proprietario dell’immobile (tale è, infatti, chi ha acquistato il bene in sede esecutiva) e quello del creditore procedente ad una celere definizione della fase distributiva dell’esecuzione forzata, va inteso come perentorio per la parte esecutata, conseguendone la relativa improrogabilità.

Anche a voler considerare il termine prorogabile, la condotta tenuta dalla parte esecutata che prospetta inusitati e pericolosi gesti di ribellismo all’autorità pubblica pur di permanere nella detenzione sino a tempi imprecisati di un immobile che non è più di sua proprietà, non giustifica alcuna protrazione nell’occupazione dell’immobile, rivelandosi l’attuazione del provvedimento di liberazione quale unica forma di tutela possibile del diritto dell’aggiudicatario di conseguire la consegna del bene nelle stesse condizioni in cui si trovava al momento dell’aggiudicazione.

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L’apertura della liquidazione controllata e i poteri del giudice dell’esecuzione.

Va dichiarata, anche ex officio, l’improcedibilità dell’azione esecutiva allorché, a vendita già avvenuta, intervenga sentenza di apertura della liquidazione controllata, derivandone la consegna del ricavato lordo al liquidatore, unico soggetto legittimato alla graduazione dei crediti ed al riparto delle somme tra i creditori ammessi al passivo in forza dell’apertura della liquidazione concorsuale in virtù della regola del concorso formale e sostanziale.

I compensi del custode giudiziario e del delegato alle vendite devono essere liquidati dal G.E. a carico del creditore procedente ex art. 8 t.u.s.g. che potrà recuperarli, con il privilegio di cui all’art. 2770 c.c. (in quanto potenzialmente utili a tutti i creditori) in sede concorsuale dove avviene il riparto.

La dichiarazione di improcedibilità non osta alla prosecuzione delle attività di liberazione del cespite già intraprese dal custode, trattandosi di un provvedimento autoesecutivo del giudice dell’esecuzione forzata che si esegue con modalità deformalizzate ed estranee all’esecuzione per rilascio ex art. 605 c.p.c. che si riferisce ad un bene che non è mai entrato sotto il dominio del liquidatore e della procedura di liquidazione controllata e sulla quale, quindi, questi ultimi non hanno alcun potere dispositivo o gestorio, essendo detto bene appartenuto e tutt’ora appartenendo alla proprietà di un terzo estraneo al processo espropriativo, dunque non compreso nella procedura concorsuale.
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La sospensione concordata ex art. 624 bis c.p.c. non può riguardare uno solo dei lotti staggiti, pur in presenza del consenso di tutte le parti.

In caso di richiesta di sospensione concordata della procedura esecutiva avanzata dalle parti in presenza dei presupposti richiesti dalla legge, al giudice dell’esecuzione compete comunque una valutazione discrezionale  circa il carattere giustificato o meno della stasi a disporsi.

E’ inammissibile la richiesta di sospensione oggettiva parziale, ovverosia limitata ad uno solo dei lotti staggiti,  che consentirebbe di cumulare in uno stesso processo più periodi di sospensione per quanti sono i beni pignorati, procrastinando i tempi di definizione della procedura.

Il debitore esecutato non gode di alcun diritto alla sospensione parziale oggettiva potendo, tramite i diversi strumenti di cui agli artt. 496 c.p.c. e 558 c.p.c., ottenere la sospensione della vendita e realizzare il risultato di liberare uno o più beni dal pignoramento, senza compromettere gli interessi dei creditori ovvero quelli dei terzi che partecipino alle aste giudiziarie confidando nella stabilità dei relativi effetti (nella fattispecie, il Giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza cautelare del debitore che aveva proposto opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il decreto di rigetto della precedente istanza ex art. 624 bis c.p.c. presentata col consenso di tutti i creditori).

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