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L’offerta depositata dal presentatore diverso dall’offerente senza allegazione della documentazione comprovante la sua titolarità non può essere ammessa nella vendita telematica.

Evidenziato che le previsioni codicistiche con riferimento alla vendita “classica”, nel senso di non telematica, indicano come “offerente” colui che formula l’offerta e come “presentatore” colui che eventualmente provvede materialmente al deposito della stessa, abilitando solo l’offerente o il difensore dello stesso a partecipare alla vendita senza incanto, può affermarsi che nell’ambito della vendita telematica ai fini della regolarità dell’offerta la necessità di depositare una procura speciale o almeno una delega con autocertificazione, pur in assenza di specifica previsione normativa, sia sottesa sia alle disposizioni del codice di rito sulla vendita – i cui principi vanno comunque applicati in via analogia – sia alle previsioni in tema di rappresentanza in generale ex art. 1386 e ss., dovendosi ritenere presupposta alle specifiche tecniche e comunque evocata dal Manuale Utente relativi alla vendita telematica, dai quali emerge l’obbligo del “presentatore” (inteso come colui che compila ed eventualmente firma l’offerta telematica) di indicare il titolo in base al quale si presenta l’offerta per conto dell’offerente e di allegare i documenti comprovanti la titolarità di cui dichiara di essere investito.

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Alla responsabilità del professionista delegato non si applica la disciplina speciale dei magistrati.

Il sistema dei rapporti tra giudice dell’esecuzione e professionista delegato non implica il pieno esercizio di funzioni giudiziarie o giurisdizionali in capo al delegato, in quanto la legge processuale si limita a prevedere la delegabilità di un’ampia gamma di atti del processo esecutivo che, tuttavia, resta diretto dal giudice dell’esecuzione.

Pertanto, il professionista delegato potrà essere chiamato a rispondere del suo operato in via ordinaria, per colpa grave o dolo ai sensi dell’art. 2043 c.c., non applicandosi all’ausiliario la speciale disciplina di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati.

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L’ufficiale giudiziario non può rifiutare la notifica dell’atto di pignoramento.

L’ufficiale giudiziario, in quanto ausiliario e non «organo giurisdizionale», può rifiutare la notifica dell’atto di pignoramento solo quando il documento presentato per l’avvio dell’azione esecutiva sia manifestamente carente dei requisiti formali prescritti ad un punto tale da impedire la sua astratta riconduzione a qualsivoglia tipologia di titolo esecutivo; non possono, invece, essere riconosciuti all’ufficiale giudiziario poteri di controllo sulle condizioni formali relative al quo-modo della procedura, la cui verifica è comunque riservata al giudice, sempre che questo sia investito di una tempestiva opposizione ex art. 617 cod. proc. civ.

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Inammissibile in rinvio pregiudiziale in tema di obbligatorietà dell’iscrizione del recuperatore di crediti nell’albo art. 106 TUB.

È inammissibile il rinvio pregiudiziale, con cui il Tribunale di Brindisi ha chiesto alla S.C. di “pronunciarsi sulla validità o meno del contratto di cessione, stipulato con soggetto non iscritto al registro ex art. 106 del testo unico bancario, alla luce della normativa antiriciclaggio di fonte interna e comunitaria, così come del generale principio di trasparenza”, “in relazione all’ipotesi in cui la cessione intervenga fra due soggetti entrambi non iscritti e non qualificati, dunque né vigilati, né conformati nel proprio assetto organizzativo”.

Infatti, il rinvio pregiudiziale non può trasformarsi in un improprio meccanismo rivolto a riconsiderare o a censurare, sotto questo o quel profilo, decisioni già adottate in sede di legittimità e non può essere incentrato sul dissenso da un precedente di legittimità [segnatamente, Cass. 7243 del 18/03/2024]. Il che porta a ritenere, in conclusione, che la novità della quaestio iuris è esclusa dalla presenza di pronunce suscettibili di rappresentare una guida orientativa per il giudice di merito nella soluzione dei casi concreti, non rilevando che il giudice a quo abbia manifestato di non condividere tali pronunce.

L’istituto della nomofilachia preventiva non costituisce un mezzo rivolto a sollecitare la riconsiderazione di un orientamento della giurisprudenza di legittimità già chiaramente espresso

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Creditore ipotecario e sequestro “ordinario” finalizzato alla confisca: si applica il criterio dell’ordo temporalis.

E’ proseguibile l’azione esecutiva individuale intrapresa dal creditore garantito da ipoteca in caso di trascrizione, avvenuta successivamente alla iscrizione della garanzia reale, del sequestro penale cd. ordinario, non potendo trovare applicazione estensiva o analogica né l’art. 55 del dlg.s 159/11 (dovendosi intendere il richiamo di cui all’art. 104bis, co. 1-quater ed 1-sexies disp. att. c.p.p. come limitato  al «caso indicato dall’art. 578 bis del c.p.p.», ossia all’ipotesi in cui il processo penale non si concluda con una sentenza di assoluzione o di condanna, ma con una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione o amnistia, e debba di conseguenza accertarsi la responsabilità dell’imputato ai soli fini della misura reale ancora in essere), né l’art. 317 CCII, riferibile al solo ambito esecutivo concorsuale in assenza di norma ad hoc che disciplini in senso omologo i rapporti con le procedure esecutive individuali.

La interferenza tra sequestro penale cd. ordinario e procedura esecutiva individuale va regolata sulla scorta del criterio dell’ordo temporalis – il cui spazio applicativo inizia dove finisce quello dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p. – secondo il quale a prevalere è il vincolo che, tra quelli che interessano il bene, sia stato trascritto o iscritto per primo, in tal modo garantendone l’opponibilità anche nei confronti delle ulteriori procedure successivamente intraprese ed aventi ad oggetto il medesimo bene.

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Creditore ipotecario e sequestro “ordinario” finalizzato alla confisca: si applica il criterio dell’ordo temporalis.

E’ proseguibile l’azione esecutiva individuale intrapresa dal creditore garantito da ipoteca in caso di trascrizione, avvenuta successivamente alla iscrizione della garanzia reale, del sequestro penale cd. ordinario, non potendo trovare applicazione estensiva o analogica né l’art. 55 del dlg.s 159/11 (dovendosi intendere il richiamo di cui all’art. 104bis, co. 1-quater ed 1-sexies disp. att. c.p.p. come limitato  al «caso indicato dall’art. 578 bis del c.p.p.», ossia all’ipotesi in cui il processo penale non si concluda con una sentenza di assoluzione o di condanna, ma con una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione o amnistia, e debba di conseguenza accertarsi la responsabilità dell’imputato ai soli fini della misura reale ancora in essere), né l’art. 317 CCII, riferibile al solo ambito esecutivo concorsuale in assenza di norma ad hoc che disciplini in senso omologo i rapporti con le procedure esecutive individuali.

La interferenza tra sequestro penale cd. ordinario e procedura esecutiva individuale va regolata sulla scorta del criterio dell’ordo temporalis – il cui spazio applicativo inizia dove finisce quello dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p. – secondo il quale a prevalere è il vincolo che, tra quelli che interessano il bene, sia stato trascritto o iscritto per primo, in tal modo garantendone l’opponibilità anche nei confronti delle ulteriori procedure successivamente intraprese ed aventi ad oggetto il medesimo bene.

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Applicabilità dell’art. 614 bis c.p.c. anche alle procedure per consegna e rilascio.

In tema di penalità di mora, la formulazione dell’art. 614 bis (“Con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro …”) non preclude la possibilità di applicazione alle procedure di rilascio, posto che la norma fa un generico riferimento a tutte le ipotesi di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento e che l’art. 614 bis c.p.c. è inserito, nell’impianto codicistico, in un titolo autonomo, non riferendosi specificamente all’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare.

ordinanza 614 bis

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Le società incaricate del recupero di crediti cartolarizzati non devono essere necessariamente iscritte nell’albo degli intermediari finanziari.

Nell’ambito delle attività di recupero dei crediti cartolarizzati, non occorre che la società che ha ricevuto dalla cessionaria il mandato per il materiale recupero del credito (servicer) sia iscritta all’albo degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 T.U.B. Difatti, l’art. 2 comma 6 legge n. 130 del 1999, secondo cui il servizio di riscossione dei crediti ceduti nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione può essere svolto da banche o da intermediari finanziari iscritti nell’apposito albo, non costituisce una norma (civilistica) imperativa, la cui violazione darebbe luogo a nullità virtuale del mandato conferito per il recupero del credito e dei successivi atti esecutivi posti in essere dal mandatario, ma attiene alla regolamentazione (amministrativa) del settore bancario (e, più in generale, delle attività finanziarie), la cui rilevanza pubblicistica trova specifica tutela nel sistema dei controlli e dei poteri (anche sanzionatori) facenti capo all’autorità di vigilanza (cioè, alla Banca d’Italia), presidiati anche da norme penali.

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Titolo esecutivo e interessi legali: la parola alle Sezioni Unite.

Se il titolo esecutivo giudiziale – nella sua portata precettiva individuata sulla base del dispositivo e della motivazione – dispone il pagamento di “interessi legali”, senza alcuna specificazione e in mancanza di uno specifico accertamento del giudice della cognizione sulla spettanza di interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda giudiziale, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (ex art. 1284, comma 4, c.c.), la misura degli interessi maturati dopo la domanda corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c., stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo.

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Causa cavendi e causa solvendi del pagamento da parte dell’assicurazione dell’indennità per l’incendio del bene ipotecato.

In caso di contratto di mutuo ipotecario cui sia collegata l’assicurazione per il rischio incendi degli immobili ipotecati finalizzata a indennizzare l’eventuale perdita di valore della garanzia reale, la riscossione del pagamento da parte dell’istituto mutuante, in seguito al verificarsi del rischio, comporterà anche la riduzione della complessiva esposizione debitoria del mutuatario, in quanto diversamente opinando quel pagamento non avrebbe un’idonea giustificazione causale ai sensi dell’art. 2033 c.c., portando a un’indebita locupletazione nel caso in cui poi il bene venga venduto all’asta. Ciò a meno che la meritevolezza dello schema contrattuale non preveda, in caso di riscossione dell’indennità, la corrispettiva riduzione ipotecaria.

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